I sindacati contro il Patto di Solidarietà Pubblico-Privato proposto da Confindustria.

I sindacati: «non si fa del bene con i soldi degli altri»

Patto di solidarietà? La piccata risposta dei sindacati. Il Covid 19 non abbandona il campo anzi raddoppia la virulenza provocando migliaia di nuovi infetti in tutta Italia. E l’emergenza da sanitaria diventa economica e sociale. Mentre il Governo si affastella a trovare la soluzione meno traumatica possibile è intervenuto alla discussione anche Giuseppe Bruno, capo di Confindustria irpina, dichiarando che si è fatto poco per l’economia; e riguardo alle misure adottate nei mesi scorsi ha fatto notare che i cinesi il loro lockdown l’hanno vissuto sbarrandosi in casa ed accontentandosi  di un piatto di riso al giorno: e così hanno potuto superare l’epidemia.

“A noi basterebbe rispettare rigorosamente le misure anticontagio, senza arrivare al lockdown totale e soprattutto evitando ogni sorta di polemica che non serve a risolvere alcun problema, anzi aizza l’uno contro l’altro provocando il malessere sociale e pericolose proteste di piazza. Basta pensare – continua Bruno – che il problema Covid e le sue conseguenze hanno messo in crisi il mondo intero e che quasi tutte le nazioni europee, chi più chi meno, hanno problematiche analoghe tra loro”.

Lo stesso imprenditore faceva notare inoltre che non sono state sfruttate delle risorse per incompetenza manageriale: ad esempio sarebbe stato facile utilizzare i percettori di reddito di cittadinanza almeno per la manutenzione di giardini e parchi delle nostre città e neanche ciò è stato fatto.

Il responsabile di Confindustria quindi ha lanciato una coraggiosa proposta di solidarietà: egli ha detto: ”stante la disparità di condizioni tra dipendenti pubblici e privati, partite iva e commercianti, sarebbe cosa buona che i dipendenti garantiti dallo Stato (quelli pubblici) retrocedessero un terzo del loro stipendio a favore dei secondi che privilegi non ne hanno ed hanno sofferto in maniera particolare nel periodo del lockdown.

Facendo un esempio molto pratico: Bruno faceva notare che lo statale nei mesi scorsi ha usufruito dello smart working, prestando servizio comodamente da casa senza affanni o particolari controlli, e percependo lo stesso stipendio, mentre i dipendenti privati hanno percepito la cassa integrazione che ammontava anche al 50% della retribuzione. Per non parlare di Partite Iva (commercianti, artigiani e professionisti) che hanno ricevuto solo aiuti forfettari una tantum a fronte anche di notevoli perdite.

La reazione dei sindacati non si è fatta attendere

Ma la reazione sdegnata dei sindacati non si è fatta attendere. Michele De Palma, segretario nazionale della Fiom-Cisl, ha definito la proposta di Bruno surreale; ed incalzava dicendo “Confindustria non può far solidarietà con i soldi degli altri”. Il segretario della Fiom-Cgil Giuseppe Morsa ha ironizzato sull’analisi di Bruno ribaltando l’invito a badare alle disparità esistenti nel sistema industriale, che non è immune da responsabilità.

Già un mesetto orsono Tito Boeri, ex presidente Inps, ospite del Festival dell’Economia a Trento, aveva accennato all’idea di applicare la cassa integrazione anche per gli statali nelle occasioni in cui lavorano di meno. Anche in quel caso ci fu la risposta piccata da parte del blog dei lavoratori del pubblico impiego, secondo cui Boeri ignorava che anche i dipendenti pubblici sono soggetti alla cassa integrazione nella misura dell’80% in caso di collocamento in disponibilità, quando in sovrannumero.

La disputa ci suggerisce  due considerazioni: se il lavoro in Italia continuerà ad essere visto in un’ottica burocratica e non con il principio della meritocrazia e dell’impegno da parte dei sindacati i due mondi (pubblico e privato) continueranno ad essere distanti anni luce tra loro; e se le rappresentanze sindacali baderanno, al pari dei politici, prima di tutto al consenso, gli appelli alla solidarietà continueranno cadere nel vuoto!

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