L’Italicum segna l’inevitabile implosione del PD

La vicenda dell’approvazione dell’Italicum segna, inevitabilmente, il momento meno edificante della storia recente del PD: infatti, il ricorso al voto di fiducia, che ha consentito l’approvazione del nuovo dispositivo elettorale secondo le indicazioni renziane, ha determinato un’erosione della maggioranza, che, per quanto non sia stata sufficiente ad impedire il varo della legge, comunque evidenzia un disagio molto importante, che, nelle prossime settimane, è destinato viepiù a crescere.

Innanzitutto, appare ovvio che alcuni parlamentari, come Fassina e Civati, già nel corso di questa primavera possano abbandonare il gruppo parlamentare democratico e decidere di dare il loro prezioso contributo alla nascita di un nuovo partito di Sinistra, insieme a Landini ed a tutte quelle espressioni della società civile, che hanno preso le distanze dal renzismo più intransigente.

Gli altri, che invece hanno votato contro l’Italicum e che decideranno di non uscire dal PD, saranno chiamati a costruire un’opposizione interna, che sia la più rigorosa e la più netta possibile. Infatti, l’approvazione del dispositivo elettorale si consuma dopo un anno, circa, nel quale i vari Bersani, Letta, Bindi hanno avuto la responsabilità storica di aver consentito al renzismo di radicarsi nel partito oltre ogni misura accettabile.

La loro assenza, durante tutto il 2014, ha infatti permesso a Renzi di ergersi al ruolo di Salvatore del PD e di unico riferimento possibile per la politica italiana, per cui era inevitabile che, giunto il momento della conta sull’Italicum, una parte della minoranza ex-bersaniana ed ex-lettiana si sfilasse dai suoi capicorrente tradizionali e si schierasse su posizioni neo-renziane. Ora, comunque il dado è tratto, per cui poco importa guardare al passato, ma è molto più urgente costruire una prospettiva per il futuro prossimo, visto che le scadenze non mancano all’orizzonte. Innanzitutto, a fine maggio, si voterà per le Regionali ed è ineluttabile che, in alcune realtà in particolare, il dissenso possa emergere in modo molto forte: è il caso della Campania, ad esempio, dove, pubblicate le liste, sono scoppiati pesanti malumori per delle scelte, invero, assai discutibili.

Ma, è essenziale che la minoranza del PD, uscita sconfitta dalla vicenda parlamentare dell’Italicum, torni a fare politica, interloquendo con quei settori della società, che invece non riescono a farsi ascoltare dal Premier. La scuola è uno di quei comparti nei quali si dovrebbe sentire più forte la voce di una Sinistra, che non rinunci a fare politiche, autenticamente, progressiste e che, contrariamente a ciò che pianifica e realizza Renzi, non scimmiotti orientamenti neo-liberisti ed, effettivamente, di Destra.

Infine, non si può non ricordare che il dibattito parlamentare, quando tornerà di nuovo ad essere incentrato sulle riforme costituzionali, dovrà necessariamente vedere una minoranza del PD molto più coraggiosa di quella che abbiamo visto nel recente passato. Possiamo, infatti, dire senza timore di smentita che, negli ultimi dodici mesi, la Sinistra democratica, tramortita dalle sconfitte del 2013, ha rinunciato ad occupare il suo tradizionale spazio di azione, per cui ha lasciato a Renzi l’onere dell’iniziativa, che il Premier ha assunto con piglio di navigato decisionista, sostenuto da ambienti rilevanti della pubblica opinione e del potere finanziario.

Ora, è venuto il momento di invertire la tendenza, anche perché le politiche renziane hanno iniziato a produrre quel giusto dissenso, che è opportuno che una forza di Sinistra interpreti nelle corrette modalità istituzionali, allo scopo di arricchire la dialettica parlamentare. L’implosione del PD – tanto a livello nazionale, quanto a livello locale – è un dato di fatto: ormai, gli elettori stentano a trovare un punto di riferimento certo, che non sia lo stesso Presidente del Consiglio, il quale, però, poco e male controlla i territori, dove i notabili locali si contendono il potere, spesso millantando il rapporto privilegiato con la Segreteria Nazionale. Partito imploso? Forse, balcanizzato?

Si possono usare tutti gli aggettivi, che si ritiene più idonei, ma invero la situazione, appena descritta, inquieta non poco, dal momento che sta venendo meno quel luogo – quale si credeva potesse essere il PD – nel quale si ipotizzava di far rivivere il sogno di una Sinistra plurale ed aperta al dialogo, prima al suo stesso interno e, poi, con gli interlocutori – politici ed istituzionali – più credibili. Il nostro Paese, però, dimentica molto facilmente, per cui un eventuale esito delle elezioni regionali, contrario ai desiderata del Premier, riporterebbe drammaticamente Renzi a misurarsi con un’area di dissenso, che non potrebbe snobbare più. Cosa accadrà, allora, a fine maggio? Non potremo, in verità, saperlo se non quando saranno pubblicati i risultati ufficiali delle elezioni, ma, senza alcun dubbio, il PD si troverà ad un punto di svolta essenziale della sua – pur breve e tormentata – storia.

 

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