“…Era in quel giorno morta di peste, tra gli altri, un’intera famiglia. Nell’ora del maggior concorso, in mezzo alle carrozze, i cadaveri di quella famiglia furono, d’ordine della Sanità, condotti al cimitero suddetto, su un carro, ignudi, affinché la folla potesse vedere in essi il marchio manifesto della pestilenza. Un grido di ribrezzo, di terrore, s’alzava per tutto dove passava il carro; un lungo mormorìo regnava dove era passato; un altro mormorìo lo precorreva. La peste fu più creduta: ma del resto andava acquistandosi fede da sé, ogni giorno di più; e quella riunione medesima non dové servir poco a propagarla.” Così ci viene descritta tanto spaventosa quanto macabra, dalle abili parole del Manzoni, uno dei flagelli più temuti dall’uomo, la peste.
In questi giorni difficili in cui tutto il mondo sta combattendo un male oscuro, e al tempo stesso letale, più che mai attuali rimbombano le parole del grande scrittore dei Promessi Sposi.
I virus, soprattutto quelli che si nascondo, fanno paura, si insinuano invisibilmente in ogni strato della società. Oltre al male fisico, cui a volte ne provoca la morte, lasciano in chi ne rimane colpito, nella sventura di averlo dovuto “affrontare”, un dolore mentale, un senso di impotenza che nella migliore delle ipotesi ci lascia senza risposte alcune, con conseguente transfert di profondo malessere interiore e sconforto.
L’uomo, impotente di fronte ad un nemico che usa “armi”subdole, che non si palesa, ma colpisce alle spalle, subisce a sua volta una trasformazione, e non solo nel fisico, segnato per il resto della sua vita.
Ecco che in queste situazioni peggiori, che mettono la stessa struttura sociale in pericolo col rischio di venir meno in ogni suo organismo, l’uomo cerca di reagire come meglio può.
Nel corso della storia violentissime pestilenze hanno segnato le vicende umane facendola tremare fin nelle sue fondamenta, come accadde per la peste Antonina del 166 d.C. che provocò circa un terzo dei morti nell’impero Romano, o la peste nera che nella metà del XIV provocò la morte di oltre venti milioni di persone nella sola Europa. La società mai come in questi due casi rischiò di collassare, la “barca sbandò paurosamente” in quel mare in tempesta, ma l’uomo riuscì a risollevarsi e a venirne fuori. Personaggi carismatici come l’imperatore romano dell’epoca Marco Aurelio, e le solide repubbliche e Signorie, presenti in Italia nel XIV secolo, fecero sì che la ragione, il buon senso, ma soprattutto l’istinto di sopravvivenza, salvassero il futuro della stessa società.
Quando questi eventi, rari ma sconvolgenti, accadono è facile per l’uomo cadere preda della paura, della rabbia, dell’egoismo: stati d’animo che si insinuano nella nostra mente facendoci vedere come nemici i nostri stessi simili e, in nome di questi, commettere atti riprovevoli e vergognosi. E’ proprio in queste situazioni che persone carismatiche debbono prendere in mano la situazione, tranquillizzando il popolo spaesato e impaurito e, come un abile comandante, riuscire a portare la nave fuori dalla tempesta. Facendoci guidare dal buon senso civico, dall’altruismo, potremmo guardare il male oscuro nel volto e, con il Manzoni, dire: “…non è più in caso di far paura a nessuno: non lo vedrete più, siatene certi”. A cura di Marco Vitale