Nella odierna intervista, abbiamo ascoltato l’autorevole opinione del nuovo Presidente delle ACLI di Avellino Dott. Alfredo Cucciniello, con in quale si sono toccati argomenti di stretta attualità, come ad esempio quello del rinnovato impegno dei cattolici all’interno delle istituzioni rappresentative, un impegno che secondo il neo eletto Presidente può concretizzarsi anche senza la formazione di un unico contenitore politico, quello che conta è stare vicino ai più deboli, come afferma lo stesso Pontefice nella sua ultima Enciclica. Le Acli saranno, secondo Cucciniello, in prima linea nella difesa dei valori di matrice cattolica e popolare anche e soprattutto in questo delicato periodo emergenziale.
Dottor Cucciniello da qualche giorno lei è stato eletto alla guida delle ACLI di Avellino, quale saranno le attività e le iniziative che caratterizzeranno il suo mandato?
E’ difficile rispondere con serenità e chiarezza nel momento in cui si profilano nuove limitazioni nel Paese e conseguentemente anche nella nostra Regione e in Provincia di Avellino; tra le tante attività bloccate ci sono anche le occasioni di socialità che sono fondamentali, sono l’essenza delle Associazioni di promozione sociale quali le Acli. Tra l’altro, non posso essere molto preciso perché abbiamo appena costituito gli Organi e non abbiamo ancora riunito il Consiglio che procederà all’approvazione delle linee programmatiche. Anticipare progetti, attività ed iniziative che per il momento sono solo mie idee e non sono state ancora condivise dagli organi mi sembra scorretto. Per il momento, posso solo dire con certezza, perché il Congresso ha validato alcuni orientamenti, che dedicheremo spazio al consolidamento delle nostre strutture di base diffuse in Provincia, potenziando, per quanto possibile, l’originaria vocazione all’essere autentiche sentinelle del territorio, capaci di intercettare bisogni ed efficaci nel dare risposte in termini di ascolto, offerta di servizi, educazione e promozione della cittadinanza attiva.
Vogliamo rimanere vicini alle fragilità sociali, alle persone più bisognose, ai deboli, a coloro che non hanno voce. Anche nella nostra Irpinia esistono soggetti collettivi che vivono grazie al generoso impegno individuale e volontario, capaci di creare le condizioni per accogliere l’altro, per offrire relazioni, servizi o luoghi ove si sperimentano attività, si connettono esperienze, diventando terminali di progetti di coesione sociale per tutto il territorio. Ecco, noi vogliamo fare di queste esperienze luoghi sempre più inclusivi e virtuosi.
Faccio solo degli esempi, ma a me piacerebbe che le Acli diventassero la casa comune di esperienze innovative, da affidare soprattutto alla creatività dei giovani; penso a biblioteche, spazi espositivi, cinecircoli; penso ad attività ludiche e sportive volte a far scoprire e conoscere meglio luoghi culturali e naturali di cui la nostra Irpinia è ricchissima; penso a Gruppi di Acquisto Solidale e gruppi di recupero e distribuzione delle eccedenze alimentari, a mercatini a chilometro zero per la valorizzazione dei nostri prodotti tipici e ad altre esperienze di economia circolare; alle farmacie e alle fattorie sociali, alle botteghe del commercio equo e solidale, a botteghe del restauro, del riuso e del riciclo, ad un circuito degli artisti irpini, a cooperative di servizio alla persona. Di idee ce ne sono tante: occorre trovare le gambe per veicolarle e soprattutto valutarne ed assicurarne la sostenibilità economica.
Dott. Cucciniello si sta riaccendo il dibattito dei cattolici impegnati nel mondo delle istituzioni e nella società italiana, secondo lei la cultura cattolica può ancora incidere nelle scelte della società e può orientare le politiche sul piano governativo o parlamentare?
La cultura cattolica non solo può, bensì deve incidere nelle scelte per orientare le politiche governative e parlamentari. Il messaggio evangelico ed il magistero sociale della Chiesa, abbracciando la visione del personalismo comunitario sono inviti tassativi a creare le condizioni affinchè la persona possa compiutamente realizzarsi. Quindi, non solo c’è spazio ma c’è il bisogno per un rinnovato impegno dei cattolici. Lo sguardo storico ci consente di considerare oggi, in tutta la sua portata senza ignorarne i limiti, l’influenza che la cultura cattolico-democratica ha esercitato non solo in Italia ma in Europa nell’epoca contemporanea.
Una cultura che si è caratterizzata per la sua capacità di tenere insieme la concezione laica della politica e una collocazione politicamente avanzata nel senso della giustizia e dell’uguaglianza. In particolare, l’apporto dato da questa matrice culturale e politica alla Costituzione italiana e all’architettura della nuova Europa uscita dal secondo conflitto mondiale. Questa cultura che per anni è stata messa ai margini è oggi più che mai attuale e va riletta con l’impulso che viene dalla moderna dottrina sociale della Chiesa.
Le idee di interdipendenza tra gli Stati e di rifiuto di ogni forma di imperialismo e nazionalismo, di giustizia sociale fondata sul riconoscimento dell’uguaglianza e della dignità della persona, l’universalità dei diritti, la partecipazione popolare alla vita politica, l’autonomia della società civile, il governo dal basso della società nella logica della sussidiarietà hanno bisogno di nuova linfa perché le trasformazioni che determinano nuovi rapporti nella società e nelle relazioni tra gli stati, le nuove sfide della democrazia hanno bisogno di un rinnovato impegno dei cattolici. Una cultura politica di matrice popolare non può rinunciare a misurarsi con le grandi questioni della propria epoca e deve essere capace di dare delle risposte non banali ai problemi della vita quotidiana e del territorio.
I cattolici per poter esprimere la loro vocazione verso il sociale e per la realizzazione del bene comune hanno bisogno di riunirsi in una formazione politica oppure sono bastevoli le miriadi di associazioni di matrice cattolica già presenti sul territorio nazionale? Quale è la sua opinione in merito?
No. Io credo che l’idea di un partito unico dei cattolici sia superata; recentemente c’è stato qualche timido tentativo di ricostruirne uno ma il progetto si è presto arenato. Io che sono arrivato alle Acli nei primi anni del dopo Vallombrosa, -con le scelte allora compiute, quali la fine del collateralismo con la Democrazia Cristiana, l’opzione pluralista ed il no ad una sorta di federazione dei cattolici all’interno di un partito- credo che riproporre il partito dei cattolici sia sbagliato o comunque non prioritario. Piuttosto, credo che nell’attuale fase, caratterizzata da uno sfrenato neoliberismo e dal primato della finanza speculativa sulla politica che generano forti diseguaglianze, squilibri sociali e politici, finanziari ed anche bellici in molte parti del mondo, ci sia bisogno di una nuova progettualità politica per i cattolici democratici.
Servirebbe la capacità di costruire una piattaforma politica, questo si, un manifesto, un nuovo appello ai “Liberi e forti”, capace di individuare degli obiettivi comuni alle varie azioni del cattolicesimo democratico e soprattutto in grado di definire un’agenda di priorità per la politica del Paese in questa delicata fase storica, nella quale sono a rischio il benessere, la democrazia, la pace. A scrivere la storia del mondo è sempre stata la lotta contro le ingiustizie. L’associazionismo cattolico e cristiano può sostenere questo sforzo grazie alla grande tradizione che ha nel saper agire attraverso la partecipazione popolare, nell’essere “esperti di sociale e di comunità”. Per questo, più che ipotizzare la nascita di un partito, dobbiamo continuare ad essere tra la gente, nelle piazze e nelle strade per scoprire insieme alle persone di questo tempo quale convivenza sia possibile e sostenibile; quali parole nuove, quali immagini, quali eventi, quali azioni, quali reti per essere veramente popolari e non essere populisti.
I cattolici già presenti nel mondo delle istituzioni hanno ben operato secondo lei?
Attualmente io faccio fatica a riconoscere un cattolico impegnato nelle Istituzioni; salvo che non dichiarino esplicitamente di esserlo, io non riscontro i tratti distintivi del cattolico impegnato nell’azione dei politici di oggi. Da questa considerazione non posso quindi che esprimere un giudizio complessivamente negativo sull’azione dei cattolici impegnati in politica e nelle Istituzioni. Ci sono delle eccezioni, ma sono eccezioni. Mi può piacere l’azione di Dario Franceschini quale Ministro per i Beni Culturali, ma questo non basta; posso apprezzare lo stile nel confronto e la capacità di dialogo, sempre per esempio, dell’ex Ministro Maurizio Lupi, del quale si conosce il percorso formativo; negli anni ho apprezzato l’azione di governo degli ex Presidenti nazionali delle Acli Gigi Bobba e Andrea Olivero; per il resto, purtroppo, molte perplessità e poco altro. Insomma, non vedo nell’attuale classe dirigente gli eredi di Don Luigi Sturzo, di Alcide De Gasperi o Aldo Moro, i quali seppero ricavare dalla difesa degli interessi materiali e morali dei ceti popolari cattolici un progetto generale nel quale si riconosceva un intero Paese. Se poi penso a quel politico che, brandendo il Vangelo a mò di clava, semina odio sociale…
Infine, l’ultima Enciclica di Papa Francesco è stata ribattezzata un inno all’amore, alla fratellanza e soprattutto alla integrazione a alla accoglienza dei migranti e degli stranieri e le sue ultime dichiarazioni sui diritti e sulle unioni civili delle persone dello stesso sesso, mostrano delle forte aperture del Santo Padre verso altre culture e altri mondi spesso in contrasto con la religione cattolica. Lei Dott. Cucciniello condivide la linea di rinnovamento che Papa Francesco sta cercando di affermare nel mondo cattolico?
Non posso che essere entusiasta di Papa Francesco che si fa espressione di una Chiesa capace di accogliere davvero tutti, nel rispetto dei valori cristiani di carità e giustizia. L’ultima enciclica e le dichiarazioni “accoglienti” nei confronti delle unioni civili tra persone dello stesso sesso sono solo gli ultimi appelli di un Papa che in sette anni ha spesso usato parole audaci che rovesciano le convinzioni consolidate e i motti della propaganda: il richiamo radicale alle esigenze della carità, le posizioni sull’accoglienza dei migranti, il rispetto degli omosessuali, l’appello a considerare una risorsa le migrazioni e la convivenza con l’Islam, le parole contro ogni forma di guerra e la produzione ed il commercio delle armi.
A me sembra che Bergoglio stia riproponendo con forza le scelte epocali compiute da un altro Papa molto amato dalle Acli e anche da me, quale Paolo VI che nel 1967, con la “Popolorum Progressio” sollecitava l’intera comunità cattolica a farsi alleata dei Paesi del Sud del mondo; ora c’è un Papa che chiama l’intera umanità a mettersi in ascolto del “grido della Terra e del grido dei poveri”.
Nella “Fratelli tutti” c’è un richiamo all’essere “fratello universale”, senza distinzione di colore della pelle, di etnia, di religione, In definitiva, l’enciclica richiama e rilancia i contenuti dei sette anni di papato di Francesco, il quale sottolinea e affronta i problemi del mondo contemporaneo indicando come risolverli, attraverso il sentiero di una profonda conversione del cuore.
Ritroviamo un lungo elenco di mali contemporanei che vengono in qualche modo rimproverati e sottoposti ai governanti del mondo: la deformazione e l’offesa di concetti come democrazia, libertà, giustizia; la perdita del senso del sociale e della storia; l’egoismo e il disinteresse per il bene comune, le regole del mercato fondato esclusivamente sul profitto e la cultura dello scarto; disoccupazione, razzismo, povertà, il rispetto dei diritti, la schiavitù, le donne assoggettate, le mafie e la cultura dei muri in luogo dei ponti.
Ognuno è chiamato a farsi prossimo dell’altro, superando gli interessi personali e le barriere storiche e culturali. Il Papa indica la via della fratellanza che può offrire soluzioni a problemi enormi ed è un punto di riferimento che non può lasciarci indifferenti. Pertanto, non solo condivido la linea di Papa Francesco ma la assumo come stella polare, per me e per quelli che mi stanno vicini.