Editoriale – Il genere è sempre stato pensato come la distinzione tra maschile e femminile e su tale distinzione sono nate diverse separazioni convenzionali. La questione di genere affonda le sue radici nel simbolismo del linguaggio, infondo perchè dividere il femminismo dal maschilismo? Nella sua raffigurazione più storica, il femminismo viene rappresentato come un fenomeno unitario, opposto al maschilismo come l’ espressione di donne che vogliono fare a meno degli uomini o prendere il loro posto. Ma davvero sarà così? Dovendo definire questo fenomeno , lo si potrebbe delineare come una contestazione dell’organizzazione sociale patriarcale e dell’ordine culturale e simbolico fondata sulla gerarchia e sul dominio del maschile sul femminile.
Eppure molti movimenti e rivoluzioni storiche ricordano casi non meno isolati di donne e uomini che hanno contestato quel regime di “oppressione” ma la ferma affermazione della rivendicazione dei diritti si sviluppa con la rivoluzione francese.
Da allora il femminismo nasce come movimento politico declinandosi in modi differenti, cambiano i contesti, i filosofi i bisogni fino a alla nascita di una vera e propria solleranza tra donne. Da qui la domanda
“DONNA SI NASCE O LO SI DIVENTA”
Un paradigma questo che ha visto l’ampio confronto di diversi filosofi e cultori della materia dalla francese Simone de Beauvoir fino all’italiana Carla Lonzi.
Che cos’è una donna e che cos’è un uomo?
Secondo la celebre definizione aristotelica: -L’uomo è un animale che possiede il logos-, e di fronte alla domanda: Che Cos’è una donna? Si dovrebbe rispondere è un animale razionale di sesso femminile. Ecco di qui, questo concetto di unitarietà escluderebbe ogni tipo di separazione. Eppure su questa differenza sostanziale negli anni la donna ha sempre vissuto in una situazione di marginalità, la differenza di genere viene a rappresentarsi come una grammatica dell’essere, secondo cui il femminile, sono donne umane dotate per vocazione alla riproduzione.
Ma allora è semplice direte, invece sulla base di questo postulato sorge un ulteriore paradigma: E’ il sesso biologico che decide il genere o è il genere che determina la differenza sessuale? Domanda questa così complessa che chiama in causa tutte le teorie femministe contemporanee.
E quindi da questo paradigma la più ampia riflessione femminista sul concetto che “donna non si nasce, ma si diventa”.
A tal proposito in Italia la femminista Luisa Muraro, una delle prime fondatrici del Circolo del Diotima “comunità filosofica di donne” riflette sul simbolismo del linguaggio e supera ogni alterità di distinzione di sesso, nella parola MADRE, il sapere amare la madre naturale o simbolica mediante la ricostruzione di genealogie femminili. Eppure tutto il movimento femminista non ha fatto altro che cambiare la prospettiva del dominio contemporaneo nei confronti delle donne, in quanto soggetti attivi di un processo di riorganizzazione del sistema politico e sociale.
Quando questa distinzione sarà superata in tutti i settori della società civile, tanto più scene di potere di genere non saranno più fatti di cronaca di violenza di genere, ma, di inclusione in un sistema politico che regge sul processo di ampia partecipazione dei suoi agenti maschili e femminili.