Cina e Russia: dove si reprime il dissenso dei blogger

Si registrano nelle cronache degli ultimi giorni due classici esempi di repressione del dissenso. In Cina e’ stato condannato a otto anni di reclusione il blogger Wu Gan per sovversione del potere statale. Il 45enne cinese era accusato di “diffusione di informazioni false su internet e di attacchi al regime”.

Egli aveva protestato contro l’arresto di quattro persone vittime di torture mirate a estorcere loro confessioni riguardo alla partecipazione ad un reato; le stesse persone sono state assolte un anno dopo. Wu Gan, soprannominato ”il macellaio volgare”, aveva nel 2009 denunciato all’opinione pubblica il caso della cinese che uccise un politico locale che, forte del suo potere, voleva abusare di lei.

Questa denuncia aveva suscitato il favore delle donne cinesi che potevano sfogarsi riguardo a un sopruso di cui sono vittime usuali, ed ha in parte ispirato anche il film “A touch of violence”del regista cinese Jang Zhang Ke premiato a  Cannes nel 2013. L’attivista che ha ora subito anche la condanna di cinque anni di privazione dei diritti politici, nel 2016 era stato arrestato nuovamente e, a quanto dichiarato, durante questo periodo, subito torture e la sua famiglia minacce.

In Russia invece il blogger Alexei Navalny non e’ stato ammesso dalla Commissione elettorale a poter concorrere come avversario di Putin in vista delle Presidenziali del marzo 2018. L’oppositore Navalny era riuscito a raccogliere le firme sufficienti per avanzare la sua candidatura ma cio’ non e’ stato sufficiente. Egli in piu’ occasioni si e’ dichiarato un oppositore di Putin che ha anche definito “un cattivo Presidente” ed inoltre va dichiarando che la Russia ha bisogno di un Presidente che tuteli e rappresenti tutti i cittadini e non solo una ristretta cerchia.

E poiche’ ha sostenuto campagne contrarie al regime e’ stato ripetutamente condannato ed ora estromesso dalla corsa alla candidatura. Navalny si dichiara un perseguitato politico e nonostante l’appoggio dei sostenitori di venti citta’ russe, i cui raduni hanno provocato anche disordini sedati dalla Polizia del Cremlino con duecento arresti a San Pietroburgo. Nel marzo del 2017 egli aveva organizzato una manifestazione nel centro di Mosca con una marcia contro la corruzione; i manifestanti sfilavano con in mano paperelle di plastica oppure con scarpe da tennis al collo, oggetti indossati polemicamente contro gli investimenti immobiliari conclusi dai gerarchi russi in Toscana tramite una fasulla rete di societa’ benefiche.

Tanto per chiarire, nel costruendo complesso turistico era previsto un laghetto artificiale, percio’ appariva il simbolo delle papere! Anche in questo caso la Polizia aveva interrotto la sfilata effettuando settecento fermi  mentre la gente protestava con grida di dissenso. I due casi testimoniano che il livello di liberta’e di godimento dei diritti civili, ancora scarso, non va di pari passo con il successo economico e finanziario raggiunto dai due colossi mondiali di Russia e Cina.

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