La formazione del centrodestra, così come lo abbiamo conosciuto negli ultimi venti anni, e’ stata sempre piuttosto variegata. Forza Italia, un partito di ispirazione liberale, snello nella forma ma ricco nella sostanza che, soprattutto all’inizio, aveva puntato tutto sui professori universitari, imprenditori e figure civiche. Alleanza Nazionale, matrice destra della coalizione che ha incarnato, sin dall’inizio, lo spirito nazionalista di ispirazione sociale. Lega Nord, partito territoriale, almeno fino a qualche anno fa, ancorato al forte bacino elettorale padano, con visione federalista, autonomista ma a tratti anche secessionista.
Unione di Centro, che per anni, con a capo Pierferdiando Casini, ha rappresentato l’area democristiana, di ispirazione cattolica e moderata. Un’allenza che ha portato, per la prima volta nel corso dell’era Repubblicana, la destra di matrice missina al governo del Paese. Lontano però sembrano i tempi della Casa delle Libertà, coalizione che alle Elezioni Politiche del 2001 distrusse l’armata di centrosinistra. Lontani anche i tempi del 38% del Popolo della Libertà, la nuova formazione politica che alle Elezioni del 2008 sbaragliò tutti ricevendo una maggioranza parlamentare che mai nessun partito, nel corso della seconda Repubblica, aveva avuto. Il presente e’ altra storia.
Alleanza Nazionale ad esempio, esiste nel simbolo ma non nella sostanza. La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, viaggia attorno al 4%, ben lontano da quelle percentuali in doppia cifra a cui il partito era abituato sotto la guida di Gianfranco Fini. La Lega Nord, orfana da ormai qualche anno del fondatore Umberto Bossi, sembra aver incanalato una piccola percentuale di dissenso diffuso e una sorta di paradossale, non fosse altro che per la storia, di sentimento nazionalista, anche se al Sud, stante ai recenti risultati elettorali delle Amministrative, stenta a decollare. Forza Italia, l’unico partito di centrodestra presente in maniera piuttosto capillare su tutto il territorio nazionale, vive un oggettivo periodo di difficoltà.
Dopo la scissione messa in atto da Angelino Alfano, già segretario nazionale del PDL, e la conseguente nascita del Nuovo Centro Destra, partito quest’ultimo che nel concreto mai ha superato la sogli del 5% su scala nazionale. Paga, senza ombra di dubbio, l’alleanza governativa con il Partito Democratico di Matteo Renzi. Questo lo scenario, piuttosto frammentato, che si presenta agli occhi degli elettori. Il dubbio amletico della successione a Berlusconi attanaglia e fa discutere: qualche giorno fa, il segretario del carroccio Matteo Salvini, direttamente dal palco di Firenze, ha lanciato la sua candidatura a premier.
In verità Salvini sa bene che l’elettorato di centrodestra, soprattutto al Sud, risulta essere piuttosto moderato. Anche per questo forse, qualche mese fa il Presidente Berlusconi aveva incaricato l’ex Ad di Fastweb Stefano Parisi, di ricostruire un’area moderata che potesse concorrere alle prossime elezioni politiche contrapponendosi alla coalizione di centrosinistra e al sempre più, elettoralmente competitivo, M5s . I malumori interni però, dettati anche da alcune aspirazioni soggettive, hanno raffreddato il lavoro di Parisi che nel frattempo aveva cominciato ad aggregare nell’orbita moderata, spesso anche lontana storicamente dal simbolo di Forza Italia. L’idea aggregativa, non sbagliata come principio, sembra non aver fatto breccia però tra gli elettori azzurri. Sembra, allo stato attuale, difficile una riaggregazione del centrodestra così come conosciuto fino a qualche anno fa. La disgregazione di quest’area politica potrebbe aprire scenari inediti, in una eventuale ricomposizione moderata che guardi al centro come punto di forza. Anche se la scena politica internazionale dice tutt’altro, con le forze moderate che faticano ad affermarsi. Ma in Italia la storia e’ diversa, sempre.