La vicenda del bonus 600 euro distribuito a pioggia ha sortito molteplici effetti. C’e’ un ristretto numero di parlamentari in carica, dovrebbero essere cinque, che hanno chiesto, in maniera “disonorevole”il bonus: di questi, tre si affretteranno a restituirlo, altri due hanno dichiarato di non averlo percepito. Ma la platea si allarga, poiche’altri duemila, ad esempio amministratori anche di piccoli comuni, hanno chiesto ed ottenuto il bonus in quanto titolari di Partita Iva e percettori soltanto di gettoni di presenza per la loro attivita’ politica in piccole realta’.
Qualcuno si e’ giustificato dicendo che la richiesta era stata presentata su iniziativa del suo commercialista, qualcun altro ha dichiarato di aver elargito la stessa somma in beneficenza. Il caso che fa piu’ scalpore e’ quello del consigliere regionale Ubaldo Bocci. In forza alla Lega, titolare di un reddito annuo di 277mila euro nel 2019; questi, esibendo le attestazioni di versamento relative ai bonus devolute in beneficenza, ha dichiarato di aver provocatoriamente chiesto il bonus per protesta contro il Governo che ha preferito elargire finanziamenti a pioggia anziche’ fare una seria programmazione. Ebbene, e’ difficile ipotizzare restituzione all’Inps delle somme percepite, in quanto secondo la normativa il bonus veniva negato ai titolari di rapporto di lavoro dipendente concedendolo alle Partite Iva, senza indicazione di limiti di reddito.
Furbetti del Bonus 600 euro: il dramma del covid-19 non ha insegnato nulla a certi Italiani!
Quindi siamo in presenza di un decreto emesso frettolosamente per fronteggiare l’emergenza economica dovuta al Coronavirus: sarebbe bastato fissare un limite massimo di reddito, magari non proprio minimale (35mila euro), per evitare che il finanziamento andasse a beneficiare anche i benestanti, che di quel minimo sussidio statale proprio non avevano bisogno. Questo sotto l’aspetto giuridico; sotto l’aspetto deontologico il discorso e’ diverso, per cui se e’ “disonorevole” che il bonus l’abbiano chiesto anche parlamentari con dodicimila euro di redditto mensile, non basta dimostrare, per farsi perdonare, di averne fatto beneficenza. Sarebbe quindi opportuno pubblicare i nominativi dei percettori di bonus, cosa fattibile se cio’ non va a violare la privacy dei privati cittadini.
A tal proposito il Garante per la protezione dei dati personali ha precisato che, sulla base della normativa vigente, la privacy non e’ d’ostacolo alla pubblicita’ dei dati relativi ai beneficiari del contributo laddove, come in questo caso, da cio’ non possa evincersi, in particolare, una condizione di disagio economico e sociale dell’interessato. “Cio’ vale, a maggior ragione- continua il Garante- per coloro i quali, a causa della funzione pubblica svolta, le aspettative di riservatezza si afflivoliscono, anche per effetto dei piu’ incisivi obblighi di pubblicita’ della condizione patrimoniale cui sono soggetti”.