Atripalda è da sempre identificata come la “città del Sabato”. Sin dall’antichità, invero, la valle del Sabato era una via naturale di primo ordine tra l’Irpinia e il Sannio, oltre ad essere un punto obbligato di passaggio dal napoletano e dal salernitano verso la Puglia e l’Alta Irpinia. La natura ha in gran parte contribuito a determinare alcuni tratti essenziali della storia di Atripalda e, ancor prima, di Abellinum.
Quest’ultima, sulla Civita, è quasi scomparsa del tutto e i suoi ruderi sono ricoperti da un immenso e fittissimo bosco secolare che ricopre gran parte della valle del Sabato. Ciononostante Atripalda è ricca di attrazioni turistiche che possono essere attualmente visitate; a cominciare da uno dei luoghi più rilevanti e densi di memoria storica e religiosa dell’intera Campania, lo Specus Martyrum, catacomba di età romana, ovvero luogo di ritrovo dei primi cristiani irpini, che custodisce le spoglie del martire compatrono Sant’Ippolisto e quelle di altri 19 abellinati Santi Martiri della persecuzione diocleziana, che tra il 304 e il 313, anno dell’ editto di Costantino, pagarono col sangue la loro testimonianza cristiana. Affascinante e tragica allo stesso tempo la fine del martire atripaldese che nel 303, anno in cui regnava l’Imperatore Diocleziano, fu condannato ad essere legato alla coda di un toro e trascinato fine alla riva del fiume Sabato e poi decapitato e ivi lasciato insepolto. Due nobildonne cristiane, Massimilla e Lucrezia, figlie del senatore Massimiano, ebbero compassione di quel corpo e gli diedero giusta sepoltura proprio nel luogo dove si erge la chiesa dedicata al Santo martire. Le due donne vennero successivamente assalite e uccise da due ministri della giustizia, Guido e Malco.
La struttura, di forma absidale, risalente probabilmente al VI secolo, fu edificata sulla Crypta dello Specus Martyrum. Vero gioiello della Cripta è il Cristo Pantocratore, affresco del 1300 che rappresenta un Cristo che benedice, racchiuso in una mandorla sorretta da due angeli, sulla parete di un catino absidale. Adiacente allo Specus è la Cappella del Tesoro, costruita nel 1728 per custodire le spoglie dei Santi Martire. Costruita sullo Specus vi è la Chiesa di Sant’Ippolisto, con facciata romanica, che custodisce una tela raffigurante il Martirio di Sant’Ippolisto e il busto argenteo di San Sabino, accolto nell’omonima cappella.
Altro interessante luogo di culto la Chiesa del Carmine del 1735, anticamente sede di una confraternita, caratterizzata da un soffitto ligneo con un dipinto settecentesco rappresentante l’incoronazione del Carmelo.
Passeggiando per le vie del centro storico troviamo i resti della basilica paleocristiana di Capo la Torre e il complesso conventuale domenicano di Santa Maria delle Grazie, oggi sede municipale. Inglobata nel complesso la meravigliosa Cappella rinascimentale dei Confrati.
Nella piazza principale si erge la Dogana dei Grani, bolo dello spostamento della vita della cittadina sulla riva sinistra del Sabato, quando questo era di cruciale importanza nello smercio del grano proveniente dalla Puglia. La Dogana è oggi sede di mostre e museo della Soprintendenza dove troviamo un Antiquarium con reperti provenienti dall’antica Abellinum.
Atripalda ha, dunque, oltre 2000 anni di storia e il sito paleocristiano è tra i più belli e meglio conservati del sud Italia, ma rimane nell’oblio perché sconosciuto anche a pochi chilometri di distanza da Atripalda. Si auspica che Atripalda e le sue bellezze storiche e naturalistiche possano un giorno essere conosciute e visitate da tutti.
a cura di Michela Corvigno