Quante volte abbiamo sentito queste parole dai nostri nonni, persone anziane! Si sa, il tempo sbiadisce i ricordi e quello che resta è un dolce amarcord di ciò che fu. Ma è veramente così? Assolutamente no. Fino agli 60’ e metà anni 70’ la situazione del tessuto socio – economico dei centri più piccoli, ma anche di molti centri maggiori, era a dir poco deficitaria. Mancavano servizi, beni primari, lavoro. Le aspettative di vita erano molto basse, confrontate con oggi.
In molti casi vi era carenza di strutture sanitarie, e non facilmente raggiungibili da colore che vivevano ad una certa distanza e sprovvisti di mezzi propri. Mancavano le strade. Quelle di paese erano appena brecciate. Non vi erano sistemi fognari, con la conseguenza che i liquami finivano per riversarsi all’interno del centro urbano e oltre a lasciare un costante odore sgradevole erano causa di malattie e focolai pericolosi. In molte case non vi era l’acqua corrente. Quante volte ci sarà capitato di vedere vecchie foto in bianco e nero e donne che si recavano alle fontane pubbliche per raccogliere l’acqua e ai lavatoi per fare il bucato.
Oggi tutto questo fa tenerezza, sa di sapore quasi romantico quella cruda e triste realtà. Spesso si sente dire: “Si potevano lasciare le porte aperte di casa, nessuno rubava niente”. Certo, vi era poco da rubare, si viveva nella povertà. Si potrebbe obiettare anche sulla famosa frase: “Prima si era più educati, c’erano valori, etc.”. In realtà analizzando il nucleo familiare le figlie femmine, in quanto tali, non godevano degli stessi diritti dei maschi, non potevano mangiare al tavolo con loro, ma in luogo separato. Non potevano scegliersi lo sposo, questi veniva imposto dal genitore o fratello maggiore, quasi sempre per questioni di interesse economico.
Vi era timore, non rispetto. Così come nei confronti del prete locale la cui morale veniva quasi mai contraddetta. Spesso, a malincuore, si vendevano i figli perché i genitori non erano in grado di crescerli, per noi qualcosa di inconcepibile. Della vita e delle sventure umane c’era tanta, troppa “cristiana” rassegnazione. Si era rassegnati alle malattie, alle disgrazie, ai lutti e a tutto ciò che della vita ne faceva una dolorosa e triste esistenza.
Tutto sommato non mi sembra un bel mondo quello in cui sono cresciuti i nostri nonni e i nostri genitori. Però dobbiamo ringraziarli perché col loro sacrificio ci hanno fatto crescere e approdare in un mondo in cui ognuno di noi ha maggiori opportunità per potersi affermare e determinare il proprio futuro. La realtà è che quando si è giovani si tende ad enfatizzare, e il passato diventa solo lo scrigno dei bei ricordi, dimenticando, forse anche involontariamente, i patimenti e le sofferenze che si sono vissute. Quanto mai appropriate sono le parole del famoso scrittore portoghese José Saramago “Il tempo non è una corda che si può misurare a nodi, il tempo è una superficie obliqua e oscillante che solo la memoria riesce a far muovere e avvicinare”. A cura di Marco Vitale