La Casa di carta non è un capolavoro, ma una buona serie con troppe banalità

La casa di carta è arrivata alla sua quarta stagione, anzi, in realtà gli ultimi episodi rilasciati il 3 aprile 2020 su Netflix sarebbero la seconda parte della terza stagione, insomma la situazione non è del tutto chiara, ma poco importa, quello che conta è il contenuto. Ecco, parliamo del contenuto, nello specifico della trama. Si tratta davvero di un capolavoro oppure la massa sta spingendo sull’acceleratore del consenso condiviso del momento?

Viviamo in un mondo totalmente socializzato, dove l’influencer o lo youtuber di turno facilmente riescono a ‘manipolare’ il giudizio dei propri seguaci. In parole povere, se ho 15 anni ed il mio youtuber preferito dice che La casa di carta o qualsiasi altro prodotto siano “fighi’, difficilmente andrò contro il mio idolo. La naturale conseguenza è che il prodotto ‘figo’, in questo caso La casa di carta si diffonderà a macchia d’olio ovunque, plasmando le menti soprattutto dei più piccoli, che per quanto riguarda Netflix, rappresentano gran parte del pubblico. Il risultato è pressoché scontato, un prodotto come La casa di carta, che ricordiamo nella sua prima stagione in Spagna non aver avuto una grossa risonanza mediatica, diventerà un successo internazionale. Ma lo è davvero?

La Casa di carta, una trama a tratti geniale.

Per i pochi che ancora non conoscessero La casa de Papel, ecco un breve riassunto degli eventi. La storia narra gli sviluppi di una rapina oltremodo ambiziosa e originale: irrompere nella Fábrica Nacional de Moneda y Timbre, a Madrid, stampare migliaia di banconote e scappare con il bottino. Il genio dietro al piano è chiamato “il Professore“, un affascinante uomo di circa 40 anni con una capacità gestionale superiore a qualsiasi intelligence internazionale, bhe, sicuramente superiore a quella Spagnola. Il Professore recluta personalmente ogni singolo componente della squadra, ognuno con un’abilità specifica, ma tutte finalizzate all’azione di squadra. Ciascun membro durante la rapina agisce vestito di rosso con una maschera del grande pittore spagnolo Salvador Dalí. Considerato il divieto di rivelare la propria identità, a ciascun componente della banda viene assegnato il nome di una città: Tokyo, Mosca, Berlino, Nairobi, Rio, Denver, Helsinki e Oslo.

La casa di carta: non ricchezza ma etica.

La casa di carta prodotta da Netflix

L’obbiettivo finale del Professore in realtà non vuole essere una banale rapina per arricchirsi, piuttosto lanciare un messaggio a tutta la nazione, evidenziando come il sistema bancario spagnolo tenga le redini di un paese sempre più in crisi. Si tratta dunque di un’operazione di resistenza, una lotta al potere monetario e istituzionale. Aspetto quest’ultimo ancor più evidenziato dalla canzone Bella Ciao, simbolo della resistenza italiana durante la seconda guerra mondiale e spesso intonata dai protagonisti. La casa di carta 3 e La casa di carta 4, seguono gli eventi successivi alla rapina alla banca nazionale, con tante nuove dinamiche che sicuramente vi terranno incollati allo schermo. Come andrà a finire? Bhe, niente spoiler.

La casa di carta è un capolavoro?
Assolutamente no! Parere personale ovviamente. Breaking Bad è un capolavoro, dall’inizio alla fine, il Trono di spade è un capolavoro nelle prime stagioni. La casa di carta rientra nella categoria delle Serie TV molto piacevoli e ben realizzate (o quasi). L’idea iniziale è senza dubbio originale e la sceneggiatura, soprattutto nelle prime puntate risulta molto accattivante. Bene anche la caratterizzazione dei personaggi, congeniale alla trama ed empaticamente funzionali.

Cosa non va dunque ne La Casa di Carta? Esagerazione, questa è la parola chiave de La casa di carta. Gli sceneggiatori hanno osato talmente tanto da rendere la sceneggiatura per lunghi tratti banale e priva di logica. Insomma manca il giusto equilibrio tra i protagonisti in campo, con lo spiacevole risultato di creare evidenti buchi di trama. L’esempio più significativo è la pessima figura offerta dal sistema di sicurezza nazionale spagnolo, assolutamente inadeguato e a tratti imbarazzante. Talmente inefficiente da sembrare irreale e di conseguenza screditare l’intera struttura della serie stessa.

Non è possibile che con centinaia di poliziotti, servizi segreti, cecchini e militari, un uomo di mezza età, dalla forma fisica non certamente invidiabile, riesca ad eludere tutto e tutti e tuffarsi letteralmente all’interno della struttura dove opera la banda del professore. Ecco, questo è uno dei tanti, troppi esempi di banalità che ti lasciano l’amaro in bocca. Insomma, La casa di carta non sarebbe stata un capolavoro ugualmente, ma con un po’ più di attenzione e senza le inutili forzature si sarebbe potuto avvicinare di molto. La sensazione, come già accaduto per The Walking Dead (capolavoro nelle prime due stagioni) è che la produzione de La casa di carta abbia voluto cavalcare il momento mediatico, avendo come obbiettivo principale gli incassi piuttosto che curare al meglio trama e personaggi. Paradossalmente la produzione stessa è andata contro l’etica del guadagno facile descritta nella serie. Resta tuttavia una serie che si lascia guardare…ma senza troppe pretese, mi raccomando.

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