Tumore al fegato nuovi risvolti? Nuova svolta tutta Italiana nella lotta ad uno dei tumori più difficili da contrastare, il cancro al fegato. Alcuni ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, guidati dal dottor Giovanni Sitia, responsabile dell’Unità di Epatologia Sperimentale, in collaborazione con il professor Luca Guidotti, vice direttore scientifico e capo dell’Unità di Immunopatologia e con il professor Luigi Naldini, hanno condotto una ricerca sul cancro al fegato mettendo a punto una nuova probabile terapia contro questa tipologia. Passi da gigante sono stati fatti per merito dall’ingegneria genetica, che sfrutta le cellule staminali con lo scopo di poter usufruire di altre cellule del sangue per combattere e contrastare le metastasi.
Tumore al fegato, la terapia contro le metastasi stimola le difese immunitarie
Questa terapia, ancora in fase di studio, consiste nel ritoccare il DNA delle cellule “guardiano” del nostro sistema immunitario, precisamente i macrofagi, inserendo in esse una nuova molecola che viene definita l’Interferone Alfa, prodotta dal nostro organismo per contrastare le infezioni. L’Interferone Alfa ha potenti capacità antitumorali, è una potentissima molecola che combatte il cancro al fegato, anche se attualmente il suo utilizzo non è possibile poichè è ricca di proprietà tossiche. Durante alcuni esperimenti nei laboratori, si è potuto constatare che i macrofagi modificati dall’ingegneria genetica, si dirigono verso le metastasi del fegato producendo interferone, così facendo la molecola applica la sua funzione antitumorale in modo mirato, evitando tutti quelli che possono essere gli effetti tossici della somministrazione sistemica sull’organismo. Il ricercatore Giovanni Sitia ha dichiarato: “Una volta immesso nel fegato, l’interferone agisce sul microambiente epatico, riducendo precocemente la crescita e la colonizzazione metastatica, favorendo la risposta immunitaria contro le metastasi da colon-retto. Abbiamo, inoltre, verificato che l’ingegnerizzazione dei macrofagi e la conseguente produzione specifica di interferone, è in grado di conferire protezione a lungo termine, senza causare apparenti effetti collaterali o incapacità a rispondere adeguatamente a infezioni virali sistemiche. I risultati ottenuti finora forniscono una prova incoraggiante sull’efficacia e sulla sicurezza della strategia nei modelli sperimentali. È ora necessario effettuare ulteriori studi preclinici, volti a valutare quali pazienti con metastasi epatiche da tumori del colon-retto possano meglio beneficiare di questa terapia e preparare la sperimentazione clinica, che potrebbe iniziare tra qualche anno”. La ricerca è nelle fasi iniziali ma ci sono molte possibilità che il cancro al fegato, nei prossimi anni, possa essere contrastato con questa nuovissima tecnica.
Tumore al Fegato
Il tumore del fegato o tumore epatico (dal greco Hepar, che significa fegato) è una neoplasia che ha origine nel fegato. I tumori del fegato vengono generalmente diagnosticati grazie ad apparecchiature di imaging biomedico (spesso per caso) o si presentano con sintomi quali una massa addominale, dolore addominale, ittero, nausea o disfunzione epatica. Il tipo più frequente è ilcarcinoma epatocellulare.
La causa principale è la cirrosi a seguito di epatite B, epatite C o alcolismo. Si conta che l’epatite B sia resposanbile di 300.000 morti, l’epatite C di 343.000 morti e l’alcol di 92.000 morti per tumore del fegato. I tumori del fegato sono diversi dalle metastasiepatiche che, invece di avere origine nel fegato, provengono da altre parti del corpo e si diffondono nel parenchima epatico. I tumori epatici colpiscono sia il fegato stesso o le strutture all’interno di esso, compresi vasi sanguigni o dotti biliare.
Il tumore al fegato primario è il sesto tumore più frequente a livello mondiale e la seconda causa di morte per neoplasia.Nel 2012 si sono registrati 782.000 casi e 746.000 decessi. I tassi più elevati si sono registrati dove l’epatite B e C sono più comuni, come nell’asia orientale e nell’Africa sub-sahariana. I tassi di sopravvivenza a cinque anni sono, negli Stati Uniti, del 17%