Una ragazza di 26 anni, iscritta a una laurea triennale, ora fuoricorso, vive insieme al padre divorziato. Il genitore la “mantiene” con una paghetta settimanale di 20 euro, oltre che occuparsi di tutte le spese di mantenimento decretate dal giudice al momento del divorzio dalla madre.
La figlia, però, si lamenta per l’esiguità del sostentamento; così si rivolge al tribunale per richiedere una paghetta decisamente più sostanziosa, da oltre 2.500 euro al mese. Comprensivi di 400 euro per lo svago e mille euro all’anno per le vacanze. La richiesta è inoltrata in primis perché sostiene d’essere abituata a un certo tenore di vita, che il papà può benissimo continuare a garantirle grazie alle sue entrate. Infatti la giovane non riesce a pagare università, bollette, alloggio e medicinali, oltre che svaghi e vacanze per via dell’esigua paghetta.
In sede dibattimentale, il padre ha affermato che comunque lui copriva i costi per spese mediche, carburante e abbigliamento, oltre che a vivere sotto lo stesso tetto, dopo che lui non le ha più passato i soldi per fittare un alloggio accanto all’università, per non farla distrarre.
Alla fine il giudice ha dato ragione alla giovane sia in primo grado che dopo l’appello del padre, ma con paghetta ridotta, ovvero solo 500 euro mensili fino al 30 giugno 2019 per «le spese personalissime e ludico-ricreative, anche straordinarie», poiché al padre è stato riconosciuto il diritto alla sua educazione. Dall’altra parte, è stata concessa alla 26enne l’attenuante di un contesto piuttosto inerte, dunque sfavorevole alla maturazione dei giovani, nonostante non si sia impegnata né nello studio né nel lavoro.
La notizia è diventata virale in poche ore ed ha indignato migliaia di giovani italiani. Sono tanti gli studenti fuori sede costretti a mantenersi gli studi per non gravare sul bilancio familiare. Dunque, la scelta di un giudice di riconoscere alla giovane una paghetta da 500 euro è sembrata oltremodo inopportuna. #Francesco Stabile
