Il sisma che in queste settimane sta colpendo l’Italia centrale ha cancellato decenni di storia. Brutto dirlo, ma e’ così. Norcia, Ussita, Amatrice e decine di altri piccoli Comuni arroccati sugli Appennini, hanno subito gravi danni sia dal punto di vista strutturale che umano. Il sisma del 24 Agosto scorso ha interrotto, per sempre, la vita di circa 300 persone. Turisti, residenti, bambini: questi tragici eventi naturali non lasciano scampo a nessuno.
Cosa ne e’ invece di chi, fortunatamente, e’ sopravvissuto? Dei tanti abitanti di Arquata del Tronto, di Amatrice o Norcia? Quelli legati alle tradizioni, alla storia e alla cultura del territorio. Proprio loro in queste settimane hanno subito, oltre al danno materiale, anche quello morale. Perché un terremoto ti costringe ad andare via. Ti costringe ad abbandonare la casa, la strada e il quartiere nel quale sei nato e cresciuto.
Sei costretto ad andare via, staccarti dal territorio dove hai trascorso un pezzo, più o meno lungo, della tua vita. Il terremoto e’ così, non guarda il lato umano, come tutte le altre catastrofi naturali del resto. Per chi vive con un forte radicamento territoriale non e’ facile. Nei piccoli comuni ci si conosce tutti. C’e’ una sorta di attaccamento alle tradizioni e al sociale che forse nelle grandi metropoli non e’ usuale ritrovare. Perché se vivi in una grande città puoi cambiare casa, quartiere e città molto più facilmente. L’unita’ tra l’uomo e il luogo nel quale vive e’ storicamente uno degli aspetti più importanti della vita di un essere umano.
Per questo molti, anziani soprattutto,non vogliano andare via dai luoghi del sisma. Vogliono risvegliarsi e vedere, sicuramente con un pizzico di malinconia, i resti di quello che ha rappresentato, per centinaia di anni, il cuore pulsante delle loro comunità. Pietre, calcinacci, cumuli di detriti e materiali di ogni genere. Solo questo resta dopo la prova di forza che Madre Natura ha voluto dare. Con l’auspicio, quotidiano, che sia l’ultima. L’ultima scossa, l’ultima paura, l’ultimo terrore, l’ultima catastrofe. L’ultima per ricominciare e per far ripartire un territorio, che, comunque sia, con la solidarietà e l’aiuto concreto di noi tutti deve guardare al futuro.